La responsabilità della penna e della parola a cura dell’Avv. Rosa Di Dato

 

Assistiamo da circa due anni ad una narrazione unica da parte delle fonti ufficiali di comunicazione che non ammette né confronti, né repliche né soprattutto pensieri diversi.

Proprio in occasione della pandemia tale modus operandi ha raggiunto dei livelli che superano l’immaginazione, sebbene da sempre la notizia sia stata manovrata ad uso e consumo del potere di turno.

Come avvocati conosciamo bene l’uso strumentale della penna e della parola, la loro forza ed il loro potere così come la conoscono bene anche i Giudici, i Politici ed i giornalisti.

L’uso della penna e della parola per i suddetti professionisti è necessario per lo svolgimento del loro lavoro; sono strumenti necessari al mantenimento dello stipendio, dei clienti, degli elettori e di tutti i loro privilegi.

Non è però possibile, per nessuno dei predetti soggetti, superare la dignità della professione che esercitano.

Magistrati, Avvocati, Giornalisti e Politici sono tutti sottoposti alla legge e questa, a sua volta è sottoposta alla Carta Costituzionale ed alle leggi sovranazionali che fanno da garanzia affinchè, nell’ambito dei rispettivi poteri, nessuno possa utilizzarli per superare la dignità umana e prevaricare i propri limiti.

Delle 4 categorie le voci più libere sono quelle degli avvocati e della stampa libera, in quanto, a differenza degli altri, non sono sovvenzionati dallo Stato e sono sottoposti principalmente alla loro coscienza.

Un professionista libero può scegliere mentre un professionista dipendente ha maggiori limitazioni e spesso è costretto a compromessi. Spesso, pur di mantenere il proprio “status” ed i propri privilegi è costretto anche a tradire se stesso con conseguente perdita della sua integrità.

La corruzione tra i suddetti professionisti è dilagante soprattutto nell’ambito delle istituzioni.

Prendiamo la categoria dei professionisti della parola e della penna, quella appartenente alla categoria dei GIORNALISTI, soprattutto quelli che appaiono come volti noti della televisione, personaggi pubblici che tutti i giorni entrano nelle case dei cittadini.

Ebbene, proprio questi, hanno una responsabilità maggiore rispetto a tutti gli altri professionisti.

Purtroppo, oggi più di ieri, si evidenzia una mancanza di valore nell’operare la notizia.

Dall’iniziale notizia come servizio di cronaca, si è giunti oramai ad un sistematico assalto a rullo compressore dell’intimo del fruitore e stravolgimento della realtà sociale.

Attualmente si osserva un mondo giornalistico connotato da una generale ignoranza ed incultura. Psicologicamente si evidenzia una inferiorità culturale che cerca la compensazione attraverso il “potere della comunicazione”.

Inoltre, per necessità di sopravvivenza, molti giornalisti sono ridotti ad essere dei mercenari il cui lavoro non è certamente apprezzabile neanche da chi li paga.

Sostanzialmente il giornalista ha sempre paura perché è avvezzo allo sciacallaggio nel senso che è solo bravo ad approfittare della debolezza e della difficoltà per attaccare, non è un mediatore tra il fatto e l’opinione pubblica perché è uno che sa solo criticare e non fa in quanto è incapace di fare ciò di cui scrive o dice male.

In realtà, quello che oggi gli operatori della comunicazione fanno è operare una morale che è quella sistemica. Quindi non danno un’informazione oggettiva. Essi sono esponenti della politica e di quella morale sistemica che il potere politico impone.

Il potere politico attuale, attraverso la copiosa legislazione, giustificata da uno stato di emergenza, sta scardinando i principi universali morali portati dalla nostra Costituzione, al fine di introdurre una nuova morale per la cui diffusione si serve dei mezzi di comunicazione di massa.

I giornalisti, senza alcuna verifica critica del fondamento delle notizie che passano agli utenti, si fanno portavoce della nuova morale sistemica e memetica alla quale si aggrappano per esercitare il loro potere e nel fare questo vendono la loro anima.

I morti, i bambini, i poveri emigranti, i gay, la povera gente, gli ucraini, sono i memi sui quali costruiscono ipocritamente il loro potere senza mai esercitare vera critica sulla realtà dei fatti, in ogni caso seguendo le direttive dei loro sovvenzionatori. Nell’esercitare la morale a favore dei poveri e dei diseredati essi li strumentalizzano per compensare la propria necessità di rivalsa sociale.

La paura di essere messi fuori da questo status di privilegiati e di non essere in grado di affrontare la verità li induce persino a stravolgere i fatti, a censurare tutto ciò che può far crollare il castello di sabbia di cui è fatta la loro vita e la loro immagine.

A guardare fino in fondo cosa producono per la società civile? Quale servizio rendono?

Questo è il dramma! La funzionalità dell’informazione sta nell’interesse di chi la produce e la manipola.

Tutta la comunicazione è già da tempo fortemente globalizzata, quasi del tutto “omologata” (ne sono esempio le guerre del Golfo e dell’Afghanistan).

Purtroppo, nel settore della comunicazione imperversano la poca accuratezza professionale, gli interessi di parte o la malafede dei suoi operatori. Se una notizia viene lanciata da un’agenzia di stampa (dipendente o indipendente), se viene raccolta come presunta dichiarazione da parte di un personaggio “mediatico”, anche nel caso sia falsa, ha assicurata comunque una larghissima diffusione, determinando così la disinformazione e la pressione psicologica sui fruitori.

E’ anche vero che spesso questa circolazione “impazzita” non nasce dalla volontà di disinformazione (ma ultimamente possiamo ancora crederci?), ma potrebbe essere frutto dell’imperizia, dell’imprecisione della fretta, della mania dello scoop a tutti i costi e del sensazionale che impera fra i professionisti dell’informazione. Essendo sempre meno sul teatro dell’azione vivono una realtà telematica e virtuale, vincolati al computer, al telefono ecc… per cui, escluso il giornalismo di inchiesta (troppo faticoso e dispendioso oltre che per farlo occorre intelligenza, fiuto, intuizione e tempo) è più facile riciclare quello che appare su altri organi di stampa, rifarsi a quanto già detto e comunicato da altri.

Ciò spiega perché nei talk gli ospiti sono gli stessi e tutti si basano su quanto già detto. Di volta in volta, l’ospite di turno serve solo a creare l’interesse per lo share ma non per cercare di alimentare il confronto scientifico o di pensiero. (Anche perché forse non sono capaci di sostenere il confronto e temono che possa trapelare la loro “incultura”).

Bisogna d’altra parte tenere conto che purtroppo la maggioranza dei giornalisti della comunicazione ufficiale sono diventati tali non per meriti o qualità personali ma scelti per “conoscenze”, raccomandati (figli di, parenti di, appartenenze politiche ecc..) ovvero persone prive di personalità, utili a essere ottimi esecutori senza alcuna valenza culturale. Molti di loro non sanno neanche cosa voglia dire essere giornalisti. A livello personale essi non ammettono confronti e dietro il titolo si fregiano di intoccabilità adducendo a loro baluardo il diritto costituzionale della libertà di parola.

Non è priva di prova la circostanza che se attaccati, ovvero se indirizzati politicamente, possono distruggere una persona screditandola pubblicamente attraverso il potere della comunicazione.

Così da ultimo è successo a personalità che sino a qualche anno fa erano ritenute da loro stessi eminenti scienziati e professionisti, oggi screditati con appellativi utilizzati in senso dispregiativo come “no vax” o “no green pass”, negazionisti, complottisti e da ultimo “putiniani”.

E’ ormai evidente che nei salotti di talk si riuniscono sempre i soliti nomi, giornalisti, politici ed uomini di spettacolo pronti a dare opinioni sistemiche al fine di rendere tutto uno spettacolo, anche la verità! Ed in questo i giornalisti, ormai star come i virologi e molti politici, usano la parola senza alcuna coscienza.

Ma sono davvero liberi di esprimere la loro parola? Il loro pensiero (se ne hanno)?

La scelta del buono e del cattivo è morale scelta dal sistema di turno di cui sono solo burattini.

Attraverso le immagini televisive scelte immettono il fatto direttamente in chi le guarda senza consentire uno spazio di distanza critica. E’tutto uno show! Dinanzi alle telecamere essi perdono qualsiasi sembianza umana e diventano attori di sé stessi senza alcuna consapevolezza delle gravi conseguenze che tale comunicazione crea in chi li segue e senza alcun rispetto per le persone ma neanche delle norme deontologiche del vero giornalista!

Oggi, più di ieri, i giornalisti della comunicazione televisiva hanno un compito morale di altissimo livello e una responsabilità enorme in quello che rappresentano e come lo rappresentano, in quanto, per la maggior parte dei cittadini, la conoscenza dei fatti viene attraverso la comunicazione televisiva.

La gente si fa la propria opinione sulla base di ciò che sente dire dalla televisione.

Proviamo a chiedere ad un qualsiasi cittadino di media cultura come fa ad affermare che ……. e la risposta è : “  l’ha detto la televisione, il telegiornale”!

Per questo il compito del vero giornalista è di una responsabilità enorme.

Ebbene, per quanto un professionista della comunicazione debba attenersi alle direttive di chi li paga, questo non lo esime dall’essere rispettoso dei doveri di cui alla propria morale ed al proprio codice deontologico.

Il testo Unico dei doveri del giornalista in vigore dal 1° gennaio 2021 (dopo la pandemia) che armonizzava “i precedenti documenti deontologici al fine di consentire una maggiore chiarezza di interpretazione e facilitare l’applicazione di tutte le norme, la cui inosservanza può determinare la responsabilità disciplinare dell’iscritto all’Ordine,…….”.

Al Titolo I – Principi e doveri – art.1 parla della
Libertà d’informazione e di critica.

L’ attività del giornalista, attraverso qualunque strumento di comunicazione svolta, si ispira alla libertà di espressione sancita dalla Costituzione italiana ed è regolata dall’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963:

«È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.   Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori».

All’art.2 – Fondamenti deontologici si precisa che: Il giornalista:

  1. a) difende il diritto all’informazione e la libertà di opinione di ogni persona; per questo ricerca, raccoglie, elabora e diffonde con la maggiore accuratezza possibile ogni dato o notizia di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti;
    b) rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia;
    c) tutela la dignità del lavoro giornalistico e promuove la solidarietà fra colleghi attivandosi affinché la prestazione di ogni iscritto sia equamente retribuita;
    d) accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla deontologia professionale;
    e) non aderisce ad associazioni segrete o comunque in contrasto con l’articolo 18 della Costituzione né accetta privilegi, favori, incarichi, premi sotto qualsiasi forma (pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, regali, vacanze e viaggi gratuiti) che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità;
    f) rispetta il prestigio e il decoro dell’Ordine e delle sue istituzioni e osserva le norme contenute nel Testo unico;
    g) applica i principi deontologici nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione, compresi i social network;
    h) cura l’aggiornamento professionale secondo gli obblighi della formazione continua.

Il giornalista si riconosce nei principi del presente Testo unico ed è incolpabile a titolo di manifesto disconoscimento dei principi deontologici che regolano l’esercizio della professione, quando sia stato sanzionato con una decisione non più impugnabile e sia nuovamente incolpato, nell’arco di un quinquennio dal precedente provvedimento disciplinare, per aver violato il medesimo principio con il proprio comportamento. Se ricorrono tali condizioni, l’accertamento della reiterazione della stessa violazione disciplinare comporta l’applicazione almeno della sanzione immediatamente più grave.

Ed ancora, all’art.  6 –Doveri nei confronti dei soggetti deboli. Informazione scientifica e sanitaria.

Il giornalista:

  1. a) rispetta diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità siano esse portatrici di menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali, in analogia con quanto già sancito per i minori dalla «Carta di Treviso»;
  2. b) evita nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici   un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate avendo cura di segnalare i tempi necessari per ulteriori ricerche e sperimentazioni; dà conto, inoltre, se non v’è certezza relativamente ad un argomento, delle diverse posizioni in campo e delle diverse analisi nel rispetto del principio di completezza della notizia;
  3. c) diffonde notizie sanitarie e scientifiche solo se verificate con fonti qualificate sia di carattere nazionale che internazionale nonché con enti di ricerca italiani e internazionali provvedendo a evidenziare eventuali notizie rivelatesi non veritiere;

d)non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorirne il consumo e fornisce tempestivamente notizie su quelli ritirati o sospesi perché nocivi alla salute

Ed ancora all’Articolo 9
Doveri in tema di rettifica e di rispetto delle fonti

Il giornalista:

  1. a) rettifica, anche in assenza di specifica richiesta, con tempestività e appropriato rilievo, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate;
    b) non dà notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica. Nel caso in cui ciò si riveli impossibile, ne informa il pubblico;
    c) verifica, prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia che ne sia a conoscenza l’interessato. Se non fosse possibile ne informa il pubblico;
    d) controlla le informazioni ottenute per accertarne l’attendibilità;
    e) rispetta il segreto professionale e dà notizia di tale circostanza nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate; in tutti gli altri casi le cita sempre e tale obbligo persiste anche quando si usino materiali – testi, immagini, sonoro – delle agenzie, di altri mezzi d’informazione o dei social network;
    f) non accetta condizionamenti per la pubblicazione o la soppressione di una informazione;
    g) non omette fatti, dichiarazioni o dettagli essenziali alla completa ricostruzione di un avvenimento.

Articolo 10
Doveri in tema di pubblicità e sondaggi

Il giornalista:

  1. a) assicura ai cittadini il diritto di ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario attraverso chiare indicazioni;
    b) non presta il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie. Sono consentite, a titolo gratuito e previa comunicazione scritta all’Ordine di appartenenza, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali.
    Il giornalista s’impegna affinché la pubblicazione di sondaggi attraverso i media contenga sempre:
    a) soggetto che ha realizzato il sondaggio e, se realizzato con altri, le collaborazioni di cui si è avvalso;
    b) i criteri seguiti per l’individuazione del campione;
  2. c) metodo di raccolta delle informazioni e di elaborazione dei dati;
    d) numero delle persone interpellate e universo di riferimento;
  3. e) numero delle domande rivolte;
  4. f) percentuale delle persone che hanno risposto a ciascuna domanda;
    g) date in cui è stato realizzato il sondaggio.
  5. h) se conduce un programma in diretta si dissocia immediatamente da atteggiamenti minacciosi, scorretti, razzistici di ospiti, colleghi, protagonisti interessati all’avvenimento, interlocutori telefonici, via internet o via sms. 

 

Ebbene, da circa due anni tutti i principi di cui al codice deontologico sono stati violati ed è palese soprattutto per la comunicazione in tema di pandemia e da ultimo della comunicazione sulla guerra in Ucraina laddove palesemente è stato violato il codice deontologico con:

  1. Utilizzo di immagini false e non verificate per rappresentare la situazione negli ospedali (in sede di pandemia) e da ultimo per la guerra in Ucraina (addirittura immagini di video-giochi!);
  2. Diffusione di notizie false e non verificate;
  3. Omissione di notizie;
  4. Mancata successiva rettifica sulle dichiarazioni risultate false;
  5. Vilipendio ed accanimento su persone invitate ai talk televisivi;
  6. Esercizio di violenza mediatica;
  7. Avallo di posizioni inducenti razzismo e diseguaglianze;
  8. Mancato controllo sul fondamento scientifico delle notizie trasmesse;
  9. Mancata comunicazione statistica delle informazioni.

L’ordine professionale, in questa circostanza, ovviamente politicizzato, si guarda bene dall’intervenire.

Proprio per il grande potere di cui dispone, il giornalista ha una grande responsabilità sociale ed è l’unico che può spezzare questo circolo vizioso.

Il vero giornalista è capace di intuire il filone dell’inconscio collettivo e, dunque, il suo compito è educare la massa affinché comprenda i fatti non secondo l’indirizzo morale voluto dal potere di turno, ma per quelli che sono, affinché possa essere esercitata la libertà di pensiero. Nel fare ciò egli deve solo evitare fraintendimenti e mediare l’accadimento nella sua oggettività, evitando di provocare il coinvolgimento del fruitore ma mettendone in crisi l’esercizio critico.

Per cui, anche se per necessità è costretto a dare determinate notizie, deve descrivere i fatti in maniera tale da non alimentare e rinforzare la perversione, l’odio ed il peggio della persona.

Lo share televisivo che sostituisce ogni necessità umana, arrivando a strumentalizzare tutto e tutti alla fine diventa il meccanismo che divora anche chi crede di gestirlo! Come? Attraverso la perdita di pace interiore, pagando lo scotto con lo stress di vita, con malattie e infelicità. È la legge della natura non degli uomini! È una questione di coscienza umana! La corruzione dell’anima conduce alla fine alla dannazione per cui, ogni volta che l’uomo tradisce sé stesso la natura gli si rivolta contro e vive l’inferno qui sulla terra!

Per fortuna, tra i tanti ormai corrotti nell’anima, schiavi del sistema e del dio denaro, con interessi politici e privati (essendo a loro volta strettamente legati ad ambienti elitari politici e non) ci sono ancora giornalisti la cui dignità di uomini e di professionisti è rimasta integra ed è a quei pochi che ci si appella affinché possano mantenere viva la consapevolezza della grande funzione del giornalista e indirizzare anche la propria categoria!

Un buon giornalista è colui che riesce a dare l’informazione o l’anticipazione del fatto del contesto nell’obiettività storica e nell’obiettività psicologica. (cfr. Sistema e Personalità – A. Meneghetti).

Un vero giornalista è consapevole della personale responsabilità psicologica verso se stesso e verso i suoi lettori o ascoltatori, perché è l’uomo che, scegliendo, fa il reale della vita.

Ed è a questi che ci si appella affinché possano, attraverso la maturazione di coscienza e l’indipendenza etica ed economica operare la mediazione tra il fatto che accade e l’opinione pubblica ed usarlo come amplificazione di coscienza e pedagogia.

 

 

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