Corte costituzionale 4 aprile 2023 – La lezione di Augusto, a cura dell’Avv. Roberto Martina

 

Avv. Roberto Martina

Al palazzo della Consulta si discute nuovamente della costituzionalità dell’obbligo vaccinale covid19 e finalmente, dopo l’infausta udienza del 30 novembre ’22 in cui la Presidente Sciarra lo censurava spegnendogli il microfono, il Professor Avvocato Augusto Sinagra torna a prendere la parola e recuperando subito il filo del suo discorso tuona: “… perché come dissi l’altra volta, ma pare che la cosa non ebbe molto successo [il riferimento è appunto alla discussione avvenuta il 30/11/2023], vero? Oggi voi discutete di questioni di vita o di morte!” (pagina Youtube dell’associazione Avvocati Liberi: https://www.youtube.com/watch?v=VSQcVXMINog&t=230s)

L’argomento del Prof. è subito ficcante e la sua importanza è anche nel ricordare ai giudici costituzionali qual è il primo tema che devono nuovamente decidere: imporre l’iniezione di una sostanza potenzialmente e di fatto mortifera offende il diritto fondamentale quale è il rispetto dovuto alla persona umana?? Le espressioni attonite dei componenti della Corte tradiscono sorpresa e un certo disappunto. Il tema della morte da vaccino non aggrada granché e ciò si desume anche dalle 26 pagine della sentenza n. 14-2023 del 15/02/2023 sulla pericolosità del vaccino e da poco pubblicata.

In tale sentenza la Corte sorvolava accuratamente sul fatto che di vaccino si può morire – come in effetti si muore – nonostante le pur gravemente sottostimate evidenze empiriche e quelle degli enti regolatori che hanno attestato un numero esorbitante di reazioni avverse gravissime e fatali correlate al vaccino covid19(chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_14.pdf – https://www.adrreports.eu/en/search.html) .

A definitiva riprova di ciò si evidenzia come lo stesso Collegio costituzionale non abbia mai utilizzato lemmi come “morte” o “decesso”, riuscendo nell’impresa di riconsegnare al legislatore la validazione di una pratica medica obbligatoria equivalente ad una licenza di imporre ai cittadini il rischio “calcolato” di morire e/o, nella migliore delle ipotesi, alla certezza di vedersi deprivare di ogni sostentamento.

La Presidente tentava quindi di riportare l’Augusto alla questione procedurale dell’ammissibilità dell’intervento processuale ma il Professore, senza mettere la freccia, scartava a sinistra e rincara la dose sottolineando il concetto con una pastiglia di filosofia del diritto che lascia il segno.

Sulla questione Presidente, perché a voi piacciono le questioni di diritto puro No? perché quelle esimono da una assunzione di responsabilità ben più grave, ben più importante di quella del giurista. Vi faccio una confidenza, sono sempre stato convinto che i giuristi costituiscano una categoria socialmente pericolosa quando si mettono a fare solo diritto. Ne abbiamo un’esperienza e un riferimento classico in Hans Kelsen, no? mi rivolgo al professore Modugno in questo momento (il riferimento è alla voce “Sistema giuridico” curata da Franco Modugno pubblicato in Enciclopedia giuridica, XXIX, Istituto Enciclopedia Italiana – G. Treccani, Roma, 1993, ha avuto modo di affermare “per Kelsen l’ordinamento non offre dati o contenuti, ma semplicemente le forme e i procedimenti perché qualsiasi contenuto possa diventare il contenuto di una decisione giuridica, di una norma ai vari livelli del processo di concretizzazione del diritto.“) … Ma Hans Kelsen giurista puro, la dottrina pura del diritto fu quello che riuscì a dare legittimazione a quella infamia dell’ordinamento giuridico nazista, con la storiella della norma che se preceduta da una più importante e poi si arriva…

La similitudine con il nazional-socialismo formulata proprio in un’aula di quella Corte costituzionale che è stata presieduta per la prima volta dal giudice Gaetano Azzariti, già presidente del Tribunale della razza fascista («In questi tempi di fervore e di gloria». Vita di Gaetano Azzariti, magistrato senza toga, capo del Tribunale della razza, presidente della Corte costituzionale – Massimiliano Boni – editrice Bollati-Boringhieri 2022), e che anche oggi si è trovata a decidere su un trattamento sanitario obbligatorio, sarà sembrata alla Presidente inelegante o inopportuna, ed ecco che infatti lo interrompeva nuovamente.

Ma a cosa si riferiva Augusto? È davvero esagerata o inopportuna questa similitudine?

Hans Kelsen è stato il principale fautore del neopositivismo giuridico, cioè quella dottrina da formulata tra il 1920 e il 1932, secondo la quale la legge deve rimanere distinta e separata dai valori morali, etici, economici, sociali, religiosi, etc. La legge positiva è perfetta e legittima in quanto tale, e non necessita di essere anche giusta. Kelsen rifiuta l’idea che la legge promani dal Popolo sovrano (Biagio De Giovanni “Alle origini della democrazia di massa. I filosofi e i giuristi”, Editoriale Scientifica Universitaria, Napoli, 2013) e ritiene anzi che essa non debba essere contaminata dalla realtà contingente, dalla morale, dalla sociologia ovvero dai principi culturali del popolo; il suo riferimento principe è il parlamento incarnante -illusoriamente- il ruolo democratico del buon interprete ed esecutore degli interessi del popolo.

“La legge non è né buona né cattiva, semplicemente è” (Gabriele Gentilini, Il neopositivismo giuridico di Kelsen (PDF), su diritto.it).

Ecco che nella dottrina di Kelsen, qualsiasi “compromesso” o condizionamento che la legge abbia con fattori esterni o superiori alla legge contraddirebbe la dottrina pura del diritto (H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, 1934) corrompendo la forza stessa della legge e alterando la compiutezza del sistema giuridico. E così la legge, qualsiasi legge, è legittima e cogente data la sua perfezione formale, in un processo che finisce inevitabilmente con l’identificare il Diritto, inteso come espressione del giusto, con le norme stesse e, viceversa, ciò che è giusto con ciò che è legittimo.

E allora non sorprende che ordinamenti dittatoriali  non abbiano trovato alcun freno nel neopositivismo giuridico di Kelsen e che, anzi, proprio la laicità e neutralità valoriale dell’ordinamento giuridico da lui disegnato, abbiano infine legittimato e ammantato di legalità le decisioni più inumane e atroci (come, ad esempio, le sperimentazioni dei medici nazisti e le camere a gas su slavi, zingari, ebrei etc, ordinate per il superiore bene collettivo del volk tedesco).

Separati e allontanati il giusto, il buono e il bene dal legittimo infatti, all’oppressore o al tiranno non si riescono a sottrarre il diritto e il potere di legiferare anche i contenuti più ingiusti o addirittura illeciti.

Si comprende quindi il perché dell’invettiva del Professor Sinagra e la reazione piccata che ne è seguita da parte del Presidente della Corte ma, in base a quanto delineato, la sua critica (feroce critica) non va giudicata ultronea o infondata.

Sulla base del comune denominatore dato dalla teoria kelseniana, la similitudine da lui fatta tra ordinamento tedesco nazional-socialista e ordinamento giuridico pandemico italiano (governi Conte-bis e Draghi) non appare affatto esagerata. Ora come allora infatti, il neopositivismo giuridico della dottrina pura, perso in un atteggiamento contemplativo della perfezione dell’ordinamento, non ha potuto opporre alcuna resistenza proprio a causa della rinuncia a quel compendio secolare di risorse giuridiche che potevano essere impiegate per impedire che la democrazia si trasformasse in dispotismo (Gustav Radbruch “Diritto e no. Tre scritti”. A cura di: Marina Lalatta Costerbosa – Collana: Elephas 2021 – Vittorio Possenti “Nichilismo giuridico”. Rubettino editore, Soveria 2012).

In questi tre anni di caos giuridico pandemico, i giudici di merito, nella loro parte di gran lunga maggioritaria, hanno convalidato e consolidato il ricorso agli strumenti e contenuti normativi più bizzarri e abnormi (si pensi solo all’uso del provvedimento amministrativo – DPCM – per dichiarare lock-down e coprifuoco). Palesando un chiaro conformismo giuridico, lo stesso trattamento la magistratura lo ha riservato anche alla legge impositiva del vaccino covid 19 ed alle sanzioni che lo hanno assistito, incurante delle criticità, dei limiti e dei controlimiti inseriti nella carta costituzionale a presidio del rispetto della persona umana, del diritto al lavoro e della libertà di autodeterminazione nelle cure.

Dopo la magistratura, anche la Corte costituzionale, dimentica di essere la custode della Costituzione, e in una sorta di canto del cigno, ha mostrato tutta la sua debolezza neopositivista e si è inchinata allo strapotere della legge e del legislatore (Governo, prima, e Parlamento conclusivamente).

Questa osservazione è suggerita da una serie non breve di forzature ed errori tecnici veri e propri (sentenze n. 14-2023, 15-2023 e 16-2023). Ne sono alcuni esempi, tra moltissimi, il fatto che la Corte non sia riuscita a cogliere l’intrinseca discrasia, e a non trarne le necessarie conclusioni a mente degli art. 1, 3, 4 e 36 Cost., di una disposizione che (art. 4, comma 4, del dl 44/2021 convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 2021, n. 76) pur affermando il carattere dichiarativo e non-disciplinare di una misura lavorativa la fa corrispondere alla massima tra le sanzioni (sospensione dal lavoro e dalla retribuzione).

Analoga debolezza la Corte l’ha manifestata nei confronti dell’ossimoro immanente nella relazione tra gli istituti del consenso libero (e informato, di cui art. 1 legge 219/2017) e dell’obbligo di vaccinazione (art. 4, comma 1, 2, 3 etc. del dl 44/2021 convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 2021, n. 76) rinforzando la voluntas del legislatore che pretende la manifestazione scritta del consenso da parte della persona nonostante l’esistenza a suo carico dell’obbligo vaccinale (punto 16 e 16.1 della sentenza n. 14-2023).

Il riferimento è ancora al fatto che la Corte abbia fondato la sua decisione per la legittimità costituzionale dell’obbligo di vaccino covid19 sulla premessa oggettivamente errata del carattere non-sperimentale dei vaccini, secondo le definizioni rilasciate dal segretariato generale del Ministero della Salute, dall’Iss e dall’Aifa, mentre, ed è un dato giuridico incontrovertibile, è lo stesso tenore letterale della normativa base di riferimento che chiarisce ab origine che si è in presenza di prodotti immessi in commercio nonostante il loro carattere ancora sperimentale (Reg. UE n. 507/2006 – Cons. n. 2, 4, 5, 6, 10, 11 e 12 nonché artt. 4 e 5). La Corte si è quindi abbandonata passivamente, e acriticamente (punti 10.1 e 10.2 della sentenza n. 14-2023), alle definizioni amministrative e legislative tutte di fonte politica, direttamente o indirettamente, senza curarsi di individuare un riscontro esterno a tali ipse dixit per trovare conferma o smentita della legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale covid19.

Anche se eclatanti, si tratta solo di esempi, ma quel che emerge, in uno alla debolezza della magistratura e, segnatamente, della Corte costituzionale dinanzi al legislatore e alla legge, è lo svilimento non solo della Costituzione ma, in particolare, della persona umana. A nessun togato sembra interessare che ogni persona sana ha il diritto di non vedersi costretta ad un trattamento sanitario per non cadere nell’indigenza sua e della sua famiglia e men che meno del fatto che ogni persona ha la libertà di rifiutare un trattamento che ha ad oggetto l’iniezione di una sostanza ancora sperimentale (oltreché inefficace).

Il principio personalistico della Costituzione, ma anche di tutti i Trattati internazionali, ha inciso la indiscutibilità del principio per cui ogni vita merita di essere vissuta e che nessuna limitazione legislativa può spingersi fino a richiedere il sacrificio del rispetto della propria persona umana e della propria salute.

Tuttavia, da una lettura complessiva delle decisioni n. 14-2023 e n. 15-2023 sulla legittimità costituzionale dell’obbligo dei vaccini covid19, va affermato che la Corte si è disinteressata del fatto che al di fuori del perimetro della legge (DL n. 44/2021 convertito in legge n. 76/2021) e dei sui corredi amministrativi (Ministero della Salute, ISS e Aifa), si levino migliaia di esperienze umane concrete fatte di dolore e sofferenza per le reazioni avverse dilaganti e di indignazione contro una legislazione in ogni caso dispotica e inumana.

In riferimento a ciò va letto il successivo passaggio del Prof. Sinagra “… quello [l’intelletto dei componenti della Corte] lo do per scontato nella misura sufficiente. Qui si parla di vita o di morte, mentre voi discutete, la gente muore. Muore di morte improvvisa. Di nessuna correlazione ma si muore. Fuori si muore!!”.

La Corte, come si diceva sembra non curarsene. Tornando alle influenze di Kelsen e della sua purezza del diritto che non prevede valori e giudizi, allora, e sempre alla ricerca delle [buone] ragioni della similitudine formulata del Prof. Sinagra, va rimarcato come uno dei tratti salienti e criticabili della dottrina neopositivista sia proprio il suo carattere antipersonalistico (H. Kelsen “La dissoluzione del concetto di persona”, in Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, 1984, p. 87).

Per Kelsen la persona è “soltanto un artificio del pensiero… persona è soltanto un’espressione unitaria personificante d’un gruppo di obblighi e di autorizzazioni giuridiche, cioè di un complesso di norme” (cfr. Lineamenti di dottrina pura del diritto citato sub nota 10). In sostanza per Kelsen la persona non è un concetto reale ma un concetto creato dalla giurisprudenza, mentre l’uomo reale, l’uomo-individuo, è un concetto solo biologico e fisiologico. Accade quindi che l’uomo nella sua manifestazione più concreta e ovvia, cioè quella naturalistica, viene ridotto a mera materia animata cosicchè viene operata una distinzione tra persona (nozione giuridica) ed uomo (nozione naturalistica), dove solo alla prima sono attribuiti, fittiziamente, libertà e diritti. La kelseniana teoria del diritto in sostanza rompe con la tradizione dell’umanesimo politico e giuridico occidentale, che si è edificato su una nozione concreta, vivente e non formale di persona (Intervista del 04/12/2012 a Vittorio Possenti su Società Italiana di Filosofia Politica – https://sifp.it/archivi/intervista-sul-nichilismo-giuridico/). Le conseguenze sono disastrose, come in effetti (sentenze n. 14-2023 e n. 15-2023).

In tal senso va quindi intesa anche la conclusione del Sinagra Prof. Augusto dinanzi ai giudici della Corte costituzionale: “qual è l’utilità dell’intervento [interventi degli Avvocati Liberi Sinagra, Di Lorenzo, Agerli e De Stefano, ex art. 4, co. 3, delle Norme Integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale http://avvocatiliberi.legal/tutti-gli-atti-offerti-alla-corte-costituzionale/]? L’utilità dell’intervento è informarvi, a guardare ed ascoltare cosa succede fuori da qua. Questa è l’utilità dell’intervento e dirvi come si muore. E poi concludo veramente. Avete la mia… non conta niente, proprio niente quello che penso io e le mie opinioni, ma sappiate che avete la mia più totale disapprovazione per quelle sentenze del 30 novembre scorso [2022 – cfr note 2 e 9] con le quali, a parte la distruzione e la negazione di una vostra giurisprudenza saggia! Saggia!! … e trentennale, che voi avete distrutto, non vi siete resi conto, inconsapevolmente, avete mercificato la vita e la morte. Non è importante se si muore da cosiddetto vaccino, l’importante è che ci sia l’indennizzo e il risarcimento? No, no Presidente! più importante è la vita. Una vita ordinata, una vita regolare, una vita pacifica, una vita che meriti di essere vissuta. Ma sulle vostre sentenze voi ci portate a vivere una vita che non merita di essere vissuta. Ho finito.”

Allora le reprimende dell’Augusto Professore si rivelano motivate, puntuali e nient’affatto esagerate. La dottrina neopositivista che ha monopolizzato le facoltà di legge europee e occidentali in generale, è la stessa che mentre con il formalismo si è illusa di mettere al riparo gli ordinamenti giuridici con la bellezza di un costrutto astratto tutto basato sulla neutralità e l’osservazione incantata della norma, ha, purtuttavia, dimostrato tutta la sua incapacità a farsi baluardo della libertà e dei diritti delle persone e del popolo. Una dottrina così consegnata e interpretata non solo non serve ma è addirittura il viatico per la negazione della Costituzione 1° gennaio 1948 e per la distruzione della centralità della persona umana.

Nel frattempo, sotto la dittatura del formalismo giuridico che stabilisce il primato della legge fino a legittimarne qualsiasi uso da parte del potere legislativo (ac governativo) proliferano poteri parassitari di cui si conoscono nomi e cognomi e che proprio dall’interno del legislatore nazionale legiferano contro il popolo.

L’intervento del 04/04/2023 dell’Avvocato Sinagra è prima di tutto la risposta più appassionata e generosa alla chiamata in aiuto delle persone e del popolo inermi davanti ad un legislatore e governo divenuti dispotici, irragionevoli e irrazionali. Il suo intervento è poi anche una invocazione, forse un po’ disillusa, ai giudici della Corte affinchè si riapproprino dell’alto ruolo che gli compete come interpreti di Diritto e soprattutto come custodi della Carta costituzionale.

Quella di Augusto Sinagra infine va intesa anche come una chiamata all’arme per tutti i giuristi (avvocati, giudici e accademici) aggiungo io.

Ma il suo non è un appello corporativo, di categoria o para-sindacale. La realtà attuale, alle prese con la IV rivoluzione industriale, ci riporta (primo avvocato artificiale https://www.altalex.com/documents/news/2023/01/25/avvocati-vs-intelligenza-artificiale-primo-avvocato-robot-al-mondo; Giudice-robot https://www.agendadigitale.eu/documenti/giudici-robot-sempre-piu-diffusi-evoluzioni-e-criticita-per-i-nostri-diritti/) un diritto freddo e algoritmico, che non può conoscere i valori del Giusto e del Bene e da cui possono promanare solamente processi e decisioni automatizzate (appannaggio giuspositivista, non certo giusnaturalista).

Partendo dall’inserimento di dati binari ricavati dall’inserimento di leggi scaturite da interessi altri e sovranazionali, infatti, l’intelligenza artificiale (che invero è stupida) procede e risolve calcoli complessi approdando a risultati formalmente legittimi, ma verosimilmente contrari alla sostanza della Giustizia e del vero Diritto, di cui non conosce le ragioni.

Il Professor Avvocato Augusto Sinagra (classe 1941) è la testimonianza di un giurista che ha attraversato due secoli cruciali e che sembra chiamarci tutti insieme (chiamata che sembra quasi l’ultima visti i tempi) a rimpossessarci degli strumenti secolari che ci sono propri come eredi della scienza giuridica europea. Dispotismo e totalitarismo sono tornati e sta a noi giuristi rispondere con responsabilità, concentrandoci per ad aprire una pagina di un umanesimo giuridico nuovo, ancora avvinti al Diritto ai diritti e alle libertà.

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