Corte costituzionale 4 aprile 2023 – il discorso dell’Avv. Angelo Di Lorenzo

Avv. Angelo Di Lorenzo

Presidente, signore e signori della Corte costituzionale, nel riportarmi alle questioni preliminari e pregiudiziali sollevate nell’atto di intervento, nelle memorie integrative e illustrate dai Colleghi che mi hanno preceduto, senza sprecare il poco tempo a mia disposizione mi dedico all’approfondimento dell’ammissibilità dell’intervento in relazione all’interesse sostanziale di cui il mio patrocinato è portatore e che, si ritiene, lo qualifichi in modo ben preciso ad intervenire nel presente giudizio costituzionale.

Incombe sulle nostre sorti la scure del precedente del giudizio gemello n.38 discusso all’udienza del 30 novembre 2022, ove avevamo speso argomentazioni di natura tecnico-processuale e sistematico per sollecitare una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 delle N.I. che consentisse di evolvere l’orientamento ultrarestrittivo di questa Corte che pretende una particolare caratteristica selettiva degli interessi – comune qualificati e meritevoli di tutela – per essere ritenuti degni di ammissione nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale.

In quel caso la risposta è stata di lapidaria inammissibilità a mezzo del secco richiamo proprio a quell’orientamento ultrarestrittivo di cui si chiedeva una revisione.

Nessuna motivazione, invece, e nessuna novazione interpretativa dell’art. 4 N.I. si è avuta, se non addirittura una ulteriore restrizione della possibilità di difesa degli interessi qualificati dei terzi nel giudizio, grazie alla recente sentenza 35 del 6.3.2023 che ha confermato che le medesime Norme integrative sono estranee al sindacato di legittimità affidato a questa Corte, qualunque sia la collocazione che ad esse si intenda attribuire nel sistema delle fonti.

In pratica una norma che regola l’accesso alla giustizia costituzionale di interessi meritevoli di tutela, formalmente di rango costituzionale (ma di qualsiasi rango o tipo di collocazione gli si voglia dare), frutto dell’autodichia di un organo, non sarebbe GIUSTIZIABILE dallo stesso organo che l’ha pensata, scritta e applica in maniera restrittiva?

Se così stanno le cose non possiamo che prendere atto della irrilevanza ai fini del decidere di codesta Corte dei motivi processuali e interpretativi per l’ammissione di terzi nel presente giudizio, e siccome non soffriamo di masochismo defensionale, e non si vuole andare incontro all’ennesima chiusura basata su un modello di inammissibilità che si tramanda di collegio in collegio, di giudizio in giudizio, come se fosse un’eredità da preservare intatta, allora proviamo a cambiare il paradigma dell’istanza di ammissione per favorire un effetto, per così dire, maieutico delle argomentazioni, che accompagnino la Corte nella comprensione ed accettazione di una verità in autentica ed ineludibile.

Non si tratta di un interesse processuale, dunque, ma l’interesse qualificato e sostanziale rispetto al rapporto che viene dedotto nel giudizio costituzionale, che involve situazioni giuridiche soggettive che trascendono i singoli giudici e la Corte, perché afferiscono ad un livello superiore, universalmente riconosciuto come appartenente alle persone in quanto esseri umani di cui nessun giudice dovrebbe rifiutare, non dico il riconoscimento di una tutela, ma quantomeno il riconoscimento.

È la prospettiva in cui ci poniamo che fa la differenza.

E quella della Corte, per natura, composizione e anche per consuetudine, è la prospettiva delle Leggi dello Stato, ed in questi ultimi due anni lo è diventata sino al punto da entrare in conflitto con i diritti fondamentali che la Legge dello Stato deve servire, quei diritti di ciascun individuo di preservare la propria sopravvivenza, la propria salute, la propria vita, il proprio lavoro, la propria dignità, e che trovano garanzia attraverso l’esercizio di quell’altro diritto, parimenti fondamentale, di poter accedere ad un giudice ed a un sistema processuale che possa fornire una tutela effettiva a tali diritti.

Intervenire in questo giudizio consentirebbe alla mia patrocinata di favorire la tutela delle proprie libertà e dei diritti fondamentali in un processo dinanzi ad un giudice che può portare all’eliminazione dall’ordinamento di una norma che ha violato le sue libertà naturali e le ha imposto trattamenti inumani e degradanti per il solo fatto di essere stata costretta a scegliere, visto che di scelta pure questa Corte ha parlato in termini di onere, responsabilità e di rilascio del consenso, tra mettere a rischio – se non perdere – la vita e la propria integrità psico-fisica, oppure limitare lo studio, essere allontanati dal proprio lavoro, perdere definitivamente la retribuzione ed i mezzi di sussistenza e, con essi, la propria dignità.

Le leggi dello Stato (scientifiche, sanitarie e processuali), in tale contesto, devono essere tarate in funzione della tutela del singolo, esse sono funzionali al diritto soggettivo, e non viceversa, invece abbiamo assistito all’inversione del rapporto di strumentalità tra le due endiadi  attraverso l’operazione di bilanciamento costituzionale.

Nessuno (a parte Nostro Signore) ha il potere di bilanciare le vite dell’essere umano o salute individuale, soprattutto se viene fatto “bilanciandoli” con valori assolutamente disomogenei, se pensiamo che dall’altra parte della bilancia si pesa l’indennità o l’incapacità di un sistema sanitario o processuale a fornire una tutela ai diritti in bilanciamento.

Da una parte la scienza e dall’altra il diritto, oppure – come è stato osservato da una attenta dottrina (A. Mangia) – da una parte i diritti primari e dall’altra i limiti interni o esterni alla norma che li prevedono, perché se si sposta il punto di caduta del limite in avanti o indietro nell’ottica del bilanciamento, automaticamente si viola il limite.

Vede Presidente, sono convinto – e credo di non essere il solo ma solo uno dei tanti – che il pensare, dire o assumere una decisione della Corte costituzionale “seguendo la scienza” sia di per sé un ossimoro funzionale, perché l’unico faro che la Corte dovrebbe seguire nelle proprie decisioni è la Costituzione e non la Scienza o qualsiasi cosa sia ritenuta tale.

Non tutto ciò che dice la Scienza – o qualsiasi cosa sia ritenuta tale – si può fare in termini giuridici; non tutte le possibilità tecnologiche possono essere tradotte in diritti o doveri; non tutte le reazioni fisiche, chimiche e biologiche di un fenomeno naturale devono essere calate nella realtà sociale e giuridica, perché quest’ultima è governata dal DIRITTO, che è cosa diversa dalla SCIENZA ed è cosa diversa dalla LEGGE.

Fare una legge seguendo la scienza o assumere una decisione giudiziaria seguendo la scienza il più delle volte finisce con l’essere una pessima legge od una pessima sentenza in punto di diritto.

Anche io credo che codesta Corte oggi ha una seconda occasione, quella di decidere seguendo la Costituzione, non seguendo la scienza, non la politica, non l’istinto o l’intima convinzione personale che ciascuno di noi potrebbe legittimamente avere; oggi la Corte ha la possibilità di non voltare ancora le spalle alle sofferenze fisiche, sociali, lavorative, processuali ed economiche che la normativa in esame ha cagionato (ed i cui effetti stanno ancora cagionando) agli odierni intervenienti ed all’intero popolo italiano, quello in nome del quale verrà pronunciata la sentenza di questa Corte.

Continuo ad augurarmi in fondo in fondo che la Corte cambi indirizzo, e che lo faccia subito, coraggiosamente, ki faccia stesso oggi con la decisione che prenderà sull’ammissione e nel merito, lo faccia a prescindere dai formalismi, perché così facendo renderà effettiva la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e dimostrerà di ricucire lo scollamento dai cittadini, dalla società civile, dal diritto ma, soprattutto, restituirà quella solidarietà che le sentenze n. 14 e 15 del 2023 hanno dimostrato di non avere.

Quindi Presidente, signore e signori della Corte, concludo insistendo per l’accoglimento delle questioni preliminari sollevate, nonché per l’ammissione degli interventi dei miei patrocinati, con richiesta di rinvio per la discussione nel merito.

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