riscontro alla nota del 7 ottobre 2021 dell’Ufficio Studi del CNF apparsa sul sito istituzionale per la presentazione della scheda di lettura sul Decreto Legge 127/2021 relativamente agli “obblighi” per gli Avvocati

comunicazione CNF

Avvocati Liberi, già Mille Avvocati per la Costituzione, quale associazione regolarmente costituita alla quale hanno aderito avvocati italiani, anche in rappresentanza di molti altri colleghi e cittadini, che vigilano conformemente alle finalità statutarie sull’osservanza dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone rispetto alla normativa interna, alla Costituzione della Repubblica Italiana, alla carta C.E.D.U., al diritto dell’Unione Europea e infine ai Trattati Internazionali.

 *

Spett.le C.N.F., Gentili Colleghe e Colleghi,

comprendiamo anzitutto le enormi difficoltà che si incontrano nell’interpretare la normativa emergenziale in generale e, nello specifico, quella che coinvolge la categoria.

Seppur il C.N.F. sia l’organismo apicale istituzionale dell’Avvocatura, che rappresenta l’intera classe forense, crediamo ci sia in primis consentito, facendone parte, di dissentire dall’impostazione che è stata data all’esame del Decreto Legge in oggetto.

Riteniamo infatti che il ruolo e la funzione che la Costituzione assegna all’Avvocatura non possano annegare nel mare magnum del “lavoro privato”, e non perché ci si debba sentire dei privilegiati ma “stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta” (art. 1, comma 2°, Legge n. 247/2021).

L’impegno solenne dell’Avvocato è quello di “osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione, per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito, nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento”, e riteniamo che questa specificità non sia stata adeguatamente considerata dalla nota di presentazione in oggetto.

Il fatto che il d.l. 127/21 abbia inserito espressamente, all’art. 2, comma 8, l’esenzione del possesso ed esibizione della certificazione verde per l’accesso negli Uffici giudiziari da parte degli avvocati, ossia proprio nel loro connaturale luogo di lavoro, dovrebbe far riflettere e illuminare l’interpretazione della normativa stessa.

Del resto, se il Decisore – non proprio incline, in questo periodo, a garantire i diritti e le libertà dei cittadini – ha motivato che la mancata estensione della misura agli avvocati risulta predisposta «al fine di consentire il pieno svolgimento dei procedimenti» – e, pertanto, per scongiurare che eventuali problematiche relative al possesso della certificazione verde possano pregiudicare il diritto di difesa – ciò significa che, seppur obtorto collo, il Governo ha riconosciuto che era proprio necessario differenziare.

La difesa tecnica è la base dello Stato di diritto, se viene limitata o condizionata la prima, si sgretola il secondo.

Stando così le cose, non si comprende perché mai l’Avvocato possa svolgere il proprio lavoro in un luogo pubblico senza la certificazione verde mentre dovrebbe possederla in un altro luogo, privato ed inviolabile, quale il proprio studio.

Non si svolge forse anche in studio la difesa del proprio assistito? Assistito che, peraltro, non è tenuto, in quel contesto, a possedere ed esibire la certificazione verde.

Sulla base di queste premesse non ci si dovrebbe dunque stupire – come invece traspare dalla scheda interpretativa – dell’esenzione prevista dal comma 8 dell’art. 2 del d.l., quasi come fosse una stortura, ma la si dovrebbe anzi enfatizzare, promuovere, come si dovrebbe enfatizzare e promuovere il ruolo dell’Avvocatura, soprattutto in questo periodo.

Ci sembra dunque profondamente errato affermare, come si legge nella scheda di lettura nella parte debitamente evidenziata, che il d.l. 127/21 “introduce l’obbligo di green pass per accedere ai luoghi di lavoro dal 15 ottobre….per tutti i lavoratori del settore pubblico, tutti i magistrati e tutti i lavoratori privati, inclusi gli avvocati”, perché così non è.

Se si aderisce a questa impostazione, simul cadent tutti i vari dubbi interpretativi che compaiono nella scheda di lettura e che non trovano una risposta chiara: l’Avvocato, per la propria indipendenza ed autonomia e per la funzione che svolge, non può essere condizionato o soggetto al possesso della certificazione verde e nessuno può chiedergli alcunché al riguardo, men che meno lo Stato (come potrebbe chiedere ad un proprio dipendente, quale è un magistrato) o addirittura un altro Collega.

Questo è il nostro punto di vista che, ovviamente, trattandosi di un approccio culturale, comprendiamo possa non essere condiviso.

Ciò che invece non è proprio possibile accettare è il commento totalmente acritico che viene proposto del decreto legge n. 127/2021.

Dato che la normativa in questione si rivolge in maniera evidente alla parte di popolazione che ha scelto liberamente di non assumere i farmaci legati alla certificazione verde e che – immaginiamo possiate comprenderlo – si rivolge proprio all’Avvocatura per trovare tutela dei propri diritti da quella che ritengono essere, intimamente e ragionevolmente, un’aggressione alle proprie libertà costituzionali, gli esponenti hanno provato imbarazzo a leggere, nella nota di presentazione del 7 ottobre 2021, la lettura che l’Ufficio Studi del C.N.F. ha dato della normativa de quo.

L’imbarazzo nasce dal dover spiegare ad un cittadino che ha deciso liberamente di non sottoporsi ad un trattamento sanitario, come possa dirsi giusto discriminarlo con l’esclusione dalla vita sociale; come sia costituzionale impedirgli il pieno sviluppo della sua persona in ogni formazione sociale, e come sia legale la privazione di ogni più elementare servizio pubblico e privato, arrivando financo alla privazione del lavoro, che costituisce l’unico diritto che restituisce dignità ed indipendenza alla persona umana.

Così come crea imbarazzo spiegare ad un cittadino che cerca tutela, il perchè debba rinunciarvi per l’alternativa di sottoporsi, ogni due giorni, ad un trattamento sanitario invasivo e doloroso di cui deve sopportarne anche i costi, nonostante sia costretto a contribuire alle spese di vaccinazione per gli altri cittadini che hanno, al contrario, liberamente scelto di assumere gratuitamente i farmaci governativi.

Occorre poi considerare che questi 10-12 milioni di cittadini italiani non possono essere considerati degli sprovveduti cui far credere che il Green Pass sia uno strumento sanitario capace di contenere il contagio dei non vaccinati, in quanto per stessa ammissione degli enti regolatori i farmaci vaccinali non immunizzano né impediscono la diffusione del SARS-CoV-2 (impreciso risulta peraltro il richiamo citato nella nota al “contagio da COVID-19”), tanto che sanno parimenti bene che chi assume tali farmaci, in realtà, lo fa per proteggere se stesso ma non gli altri perchè, anche con la fede più convinta, lo stesso produttore del farmaco avverte che il siero vaccinale non ha quella funzione.

Infine l’imbarazzo cede alla vergogna di fronte al fatto che l’Italia è l’unico Stato europeo ad aver concepito tale disciplina ed è l’unico a continuare a sostenere che vi sia un’emergenza sanitaria attuale e concreta, inesistente nel resto d’Europa; prova ne sia il fatto non solo l’attuale andamento epidemiologico sconfessa tale convinzione ma soprattutto che in diversi altri Stati europei non esiste e non è mai esistito il Green Pass come concepito in Italia ed, anzi, sono state eliminate le restrizioni legate ad una pandemia in cui in Italia si pretende ancora di vivere.

Ciononostante leggiamo che questa discriminazione istituita per legge, che crea diseguaglianza tra i cittadini  senza alcun fondamento scientifico e che surrettiziamente impone l’assunzione di un farmaco per poter lavorare e non perdere lo stipendio, per poter fare tutto ciò che costituiva la socialità di ciascun individuo in una vita passata cui si deve definitivamente rinunciare (senza considerare l’ulteriore minaccia che incombe sulla prole minore, per i quali i genitori sono posti innanzi alla inaccettabile scelta di sottoporre i figli ad un trattamento sanitario con più rischi che benefici oppure vederli ghettizzati, bullizzati ed impediti nello svolgimento di sport o attività salutari per il loro benessere psico-fisico), viene considerata però, dal C.N.F., una forma di “sensibilizzazione della popolazione per esortarla a vaccinarsi al fine di ottenere la certificazione verde, con effetti di carattere persuasivo…”.

Come Mille Avvocati per la Costituzione auspichiamo che tale nota venga modificata in senso critico e costituzionalmente orientato, prima che possa instaurare il pensiero nei lettori poco avveduti che non sia giusto difendere i diritti e le libertà costituzionali: ne va della credibilità stessa dell’Avvocatura alla quale il cittadino deve necessariamente rivolgersi per tutelare i propri diritti.

Fiduciosi nella comprensione e con altissima osservanza.

Avv. Massimo Agerli (estensore)

Avv. Roberto Martina (Segretario Generale)

Avv. Angelo Di Lorenzo (Presidente)comunicazione CNF

Altri firmatari: Avv. Giorgia Tripoli, Avv. Deborah Valent; Avv. Emilio De Stefano; Avv. Antonietta Veneziano; Avv. Angela Coviello; Avv. Maria Grazia Marino; Avv. Claudia Cova; Avv. Giovanni Calapaj; Avv. Rosa Di Dato; Avv. Laura Careri; Avv. Morena De Luca; Avv. Teresa Rocco; Avv. Gianfabio Cantobelli; Avv. Alessandra Taccogna; Dr. Luca Mondelli; Avv. Daniele Porcasi; Avv. Elisabetta Billitteri; Avv. Rosa Carnevale; Avv. Francesco Saraniti; Avv. Monica Ghiloni; Avv. Federica Fantauzzo; Avv. Serafina Lentini; Avv. Alessandro Giuseppe Romano; Avv. Giancarlo Incerrano; Avv. Ivana Rosso; Avv. Luciano Tocci; Avv. Silvia Pieroni; Avv. Carmela Chicchinelli; Avv. Erica Francesca Filippini; Avv. Francesca Leonardi; Avv. Andrea Viel; Avv. Nicolina Bellardita; Avv. Lorella Scelli; Avv. Lillo Massimiliano Musso, Avv. Rodolfo Peroni; Avv. Emanuele Di Martino.

Print Friendly, PDF & Email