2021.12.19 – Denuncia-querela contro il Governo italiano per atti persecutori (art. 612bis c.p.) e tortura (art. 613bis c.p.) relativamente agli obblighi del green pass o del super pass (AGGIORNATO AL 10.1.2022)

 

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO

IL TRIBUNALE DI______

Per tramite la Stazione dei Carabinieri di ___________

ATTO DI DENUNCIA-QUERELA

Il/la sottoscritto/a ____________________________ – nato a ____ il __/__/____ e residente in ___ alla Via ______________ n. ____in qualità di persona offesa e danneggiato dal reato, espone e denuncia quanto di seguito

Il Governo della Repubblica Italiana, il Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, nonché il Ministro della Salute si sono resi responsabili – attraverso l’emanazione di alcuni atti normativi che di seguito si indicheranno puntualmente – di condotte  integranti fattispecie di reato, ed in particolare dei reati previsti dagli gli art. 612 bis e 613 bis c.p., tutti perpetrati in danno dei cittadini che, esercitando legittimamente una facoltà concessa dall’ordinamento, hanno scelto di non sottoporsi alla vaccinazione anti Covid19.

Ci si riferisce in particolare all’introduzione, da parte del Governo, della certificazione verde Covid19, cd. green pass, strumento previsto dalla legislazione europea con funzione agevolativa del diritto di libera circolazione tra stati membri, ma utilizzato in maniera difforme ed illegittima dal governo italiano che, per come più volte dichiarato – anche in maniera inopportuna e censurabile – da alcuni ministri e dal Presidente del Consiglio, ha inteso renderlo “mezzo di persuasione alla vaccinazione”.

Di fatto, la normativa concernente le certificazioni verdi Covid19 ha visto un susseguirsi di atti normativi, emanati tramite la decretazione d’urgenza, volti ad estendere via via l’utilizzo del green pass a quasi ogni ambito della vita pubblica e sociale dei cittadini: con il D.L. 52/2021 – che le ha regolamentate all’art. 9; con il D.L. 105/2021 che ne ha previsto il possesso per l’esercizio di attività in numerosi settori della vita sociale, tra cui ristorazione al chiuso, attività sportive, attività culturali e di intrattenimento; con il D.L. 111/2021 che ha stabilito l’obbligo di possesso per tutto il personale scolastico del  sistema  nazionale  di  istruzione  e  universitario, nonché per gli studenti universitari, e per i mezzi di trasporto pubblico interregionale; con il D.L. 127/2021, che ha esteso la sua obbligatoria utilizzazione a tutte le attività lavorative, sia del settore pubblico che di quello privato; con il D.L. 172/2021, che ha  esteso l’obbligo del green pass, prevedendolo per l’ingresso in hotel e strutture recetti e similari, e per poter usufruire dei mezzi pubblici, anche regionali e locali, ed anche dunque per le linee utilizzate dagli studenti minorenni, maggiori degli anni dodici; con il D.L. 221/2021 che ha introdotto il super green pass per talune attività sociali ed economiche; con il D.L. 229/2021 che ha introdotto l’obbligo vaccinale generalizzato attraverso lo strumento del green pass rafforzato per usufruire dei mezzi pubblici, per praticare sport e poter esercitare molte attività fondamentali connaturali alla persona umana; e da ultimo con il D.L. 1/22 che ha introdotto l’obbligo vaccinale per i soggetti di età superiore degli anni cinquanta, obbligati a sottoporsi alla vaccinazione per ottenere il green pass rafforzato al fine di poter lavorare in qualsiasi settore, pubblico o privato.

Prima di entrare nella disamina delle singole fattispecie di reato oggetto della presente denuncia, è necessario porre una premessa in ordine al contesto di riferimento normativo, sovranazionale e costituzionale.

  1. La Certificazione Verde Covid-19, c.d. green pass: in ambito sovranazionale e costituzionale

Preliminarmente è d’uopo fare una precisazione sulla regolamentazione dello strumento del Certificazione Verde Covid-19 a livello di normativa sovranazionale.

Nella legislazione europea il certificato digitale Covid19 è stato introdotto dal Regolamento  n. 953/2021, ed è in vigore dal 1° Luglio fino al 30 Giugno 2022.

Ai sensi dell’art. 288 del Trattato del funzionamento dell’UE, il regolamento ha portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ogni Stato membro.

Nelle intenzioni del legislatore europeo lo scopo della certificazione covid19 è quello di favorire la libera circolazione delle persone tra stati membri

Libera circolazione che, comunque, rimane consentita anche in assenza della certificazione verde.

Infatti, all’art. 3, viene precisato: “6. Il possesso dei certificati di cui al paragrafo 1 non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione.

Ciò significa che il possesso della certificazione verde è previsto con funzione agevolativa della circolazione tra Stati diversi, nel senso di evitare quei provvedimenti limitativi messi in atto dagli stati a causa dell’emergenza per Covid19 ( quarantene ecc.).

Che lo scopo del regolamento UE sia quello di agevolare, e non limitare,  la circolazione delle persone,  è evidente alla luce dei considerando (che costituiscono la parte motiva del provvedimento legislativo).

In particolare:

  • il considerando 14 sancisce che: “esso non dovrebbe essere inteso come un’agevolazione o un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o di restrizioni ad altri diritti fondamentali, in risposta alla pandemia di COVID-19, visti i loro effetti negativi sui cittadini e le imprese dell’Unione.
  • il considerando 36 sancisce che: “è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. […] Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.”

A ben vedere, quanto contenuto nel considerando 36, altro non è che una espressione del principio di non discriminazione sancito a livello europeo e previsto dall’art. 2 del TUE, secondo cui “ l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”, nonché all’art. 3, par. 3, al. 2, TUE, secondo cui l’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni.

Tale principio è del resto sancito dalla Costituzione Italiana,  che all’art. 3 riconosce il principio di uguaglianza, in forza del quale tutti  i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; e impone agli organi dello stato di rimuovere gli “ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Rimuoverli, non imporli!

In Italia attualmente non è stato previsto un obbligo espresso di vaccinazione (ad esclusione dei lavoratori in ambito sanitario), ma attraverso il meccanismo legislativo di estensione dell’obbligo di possesso del greenpass in tutti gli ambiti della vita sociale e lavorativa, atto a coartare la volontà del cittadino e costringerlo di fatto alla vaccinazione, il soggetto non vaccinato si trova a vivere situazioni effettivamente discriminati, essendo costretto a dover dimostrare, attraverso i tamponi, la sua negatività al virus Sars-cov2 ogni 48 ore per poter accedere ai luoghi pubblici e finanche per poter esercitare la propria attività lavorativa (attraverso una sorta di presunzione di infettività giammai dimostrata), a differenza dei vaccinati che invece, pur essendo potenzialmente in grado di trasmettere il virus così come i non vaccinati, possono liberamente esercitare qualunque diritto ed attività.

La scelta di non vaccinarsi, che sulla carta è ancora consentita, comporta nella pratica pesanti ritorsioni sociali ed economiche che rendono, di fatto, la vita molto difficile a chi non si vaccina.

Ed infatti il governo italiano ha effettuato scelte politiche dirette ad imporre tutta una serie di restrizioni, man mano più stringenti, anche a diritti e libertà fondamentali garantiti dalla Costituzione (quali la libertà di circolazione, il diritto al lavoro, il diritto all’istruzione), in un vero e proprio disegno persecutorio volto a rendere sempre più complicata la vita a chi sceglie di non vaccinarsi al fine, dichiarato, di  incentivare (o meglio costringere) alla vaccinazione, e dunque a coartare quel consenso che invece sarebbe negato in condizioni di svolgimento normale della vita sociale e pubblica.

Ciò, si pone, innanzitutto, in contrasto insanabile con i principi che regolano il consenso informato in materia sanitaria, riconosciuto dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che  all’art. 3 dispone: “ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge”, dall’art. 5 della Convenzione  per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa e firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997  – Convenzione di Oviedo, che stabilisce che un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero ed informato, nonché dall’art. 32 della Costituzione Italiana.

Ma la condotta del governo verso i cittadini che hanno scelto di non vaccinarsi si concreta non solo nelle discriminazioni precedentemente descritte, ma nella commissione di reati, che di seguito si vanno ad illustrare.

  1. Atti Persecutori ex art. 612 bis c.p.

La prima fattispecie di reato ravvisabile nell’agire governativo di danno dei cittadini non vaccinati è quella disciplinata nell’art. 612 bis c.p.

L’art. 612 bis c.p., inserito nel libro secondo sui “dei delitti in particolare”, Titolo XII “dei delitti contro la persona”, Capo III, sui “dei delitti contro la libertà individuale”, Sezione III “dei delitti contro la libertà morale”, dispone: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

Per quel che attiene al bene giuridico, parte della dottrina ritiene che detta incriminazione sia posta a presidio della libertà morale, sotto il profilo specifico della libertà da intrusioni moleste ed assillanti; ma, ove la violazione di tale libertà provochi nella vittima disagi e turbamenti idonei a pregiudicarne l’equilibrio psicologico, ad essere protetta è la integrità psichica del soggetto perseguitato.

L’art. 612 bis incrimina il fatto di colui che, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero in modo da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Il delitto di atti persecutori richiede, innanzitutto, la reiterazione delle condotte, tale requisito sembra integrato ove le plurime condotte siano realizzate in tempi ed in contesti differenti.

Più in particolare, la condotta deve consistere in minacce e/o molestie.

Per minaccia si intende la prospettazione di un male futuro e prossimo, la cui verificazione dipende dalla volontà dell’agente.

Per molestia, ogni attività che alteri dolorosamente o fastidiosamente l’equilibrio psico-fisico normale di un individuo.

Da tali condotte reiterate devono poi discendere tre eventi[1], posti tra loro in rapporto di alternatività:

  • un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima,

Al riguardo sin dalle prime pronunce giurisprudenziali il «perdurante e grave stato d’ansia o di paura» è stato inteso non come uno stato patologico clinicamente accertato, bensì come uno stato d’animo della persona offesa, caratterizzato da sentimenti di esasperazione e di profonda prostrazione, concretamente accertabili e non transitori. Più di recente, si è ribadito che gli atti persecutori non devono essere tali da integrare una situazione con risvolti patologici, essendo sufficiente che producano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima.

  • oppure un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva,
  • oppure l’alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.

Infine, la reiterata condotta minacciosa o molesta può produrre l’alterazione delle abitudini di vita della vittima, cioè il mutamento delle sue azioni quotidiane. Una costrizione apprezzabile, sotto il profilo qualitativo, delle abitudini quotidiane[2]. Sempre con specifico riguardo al cambiamento delle abitudini di vita, si è precisato che bisogna considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate.

Il delitto è punibile a titolo di dolo generico ed è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice (C., Sez. V, 7.11.2018-2.1.2019, n. 61; C., Sez. V, 12.10-24.11.2016, n. 50057; C., Sez. V, 10.4-22.10.2015, n. 42566; C., Sez. V, 19.2-8.5.2014, n. 18999; C., Sez. V, 27.11.2012-15.5.2013, n. 20993).

Non è richiesta una rappresentazione anticipata del risultato finale, ma la costante consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, dei precedenti attacchi e dell’apporto che ciascuno di essi arreca all’interesse protetto, insita nella perdurante aggressione da parte del ricorrente della sfera privata della persona offesa (C., Sez. V, 20.5-10.7.2015, n. 29859).

Nel caso di specie è evidente come l’attuale normativa italiana sul green pass, messa in atto attraverso minacce e molestie vere e proprie, per come si dirà,  abbia ingenerato in quella parte della popolazione che ha scelto di non vaccinarsi un perdurante e grave stato di ansia o di paura fino ad una alterazione reale delle abitudini di vita.

E’ sotto l’occhio di tutti l’escalation riduttiva dei diritti costituzionalmente garantiti ( il diritto al lavoro, la libertà di circolazione, il diritto allo studio, il principio di autodeterminazione in merito ai trattamenti sanitari) nei confronti di chi ha scelto di non vaccinarsi.

E tale compressione dei diritti costituzionali è stata attuata attraverso costanti condotte minacciose, avendo il governo fissato (senza alcun appiglio scientifico) una percentuale ideale di popolazione vaccinata, e poi messo in atto sempre maggiori restrizioni nei confronti dei non vaccinati, non essendo riuscito a raggiungere nei tempi prefissati l’obiettivo previsto.

La minaccia consiste nella prospettazione di un male ingiusto, ossia di una situazione pregiudizievole che dovrà subire chi non ha inteso vaccinarsi (non entrare al cinema, non poter prendere un aereo, non poter frequentare le lezioni universitarie o esercitare attività lavorativa a meno di non sottoporsi, in alternativa, a frequenti ed anche frequentissimi tamponi orofaringei, dolorosi ed invasivi, e per di più a proprie spese).

Minaccia reiterata dalla schizofrenica attività normativa del governo, che ha prospettato, con i vari decreti legge che si sono susseguiti, restrizioni  (male ingiusto) sempre più intollerabili, fino a giungere, addirittura, all’impossibilità di esercitare la propria attività lavorativa, se non a costo d dolorosi  sacrifici fisici ed economici (idonei a concretare, a loro volta le molestie) ove non si intenda aderire al piano vaccinale.

È indubbio che oggi le persone che hanno scelto di non vaccinarsi, pur esercitando una scelta consentita dall’ordinamento, siano costrette a vivere una situazione angosciosa e frustrante, per essere additati dagli organi governativi (che però non hanno inteso prevedere l’obbligo vaccinale) come cittadini irresponsabili, antiscientifici, addirittura violenti, e per vedere continuamente compressi i propri diritti pur in costanza di una scelta legittima,  situazione che inevitabilmente è idonea ad ingenerare quel grave stato di ansia e paura richiesto dalla norma incriminatrice.

Così come è indubbio che a causa delle scelte politiche sull’utilizzo del greenpass i non vaccinati siano stati costretti a modificare radicalmente le proprie abitudini di vita, rinunciando a numerose occasioni di vita sociale ed essendo costretti a sottoporsi ad un pratica medica invasiva ogni 48 ore solo per poter lavorare e conseguire la relativa retribuzione,  indispensabile al sostentamento proprio e della famigl

Si è realizzata nei loro confronti quella condizione di annichilimento, di angoscia, di paura ed impotenza tipica delle vittime di stalking, ed è evidente che la realizzazione di tale condizione è proprio il fine voluto dal governo per condurre le persone alla vaccinazione, proposta come unica soluzione per poter riprendere una vita normale; il dolo risulta pertanto perfettamente   integrato da parte degli autori delle condotte,  da individuarsi negli esponenti del governo firmatari dei decreti legge sul green pass.

  1. Tortura ex art. 613 bis c.p.

L’introduzione nel codice penale del delitto di tortura dà attuazione nell’ordinamento italiano alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti (CAT), adottata nel 1984 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Ris. n. 39/46 e resa esecutiva in Italia con L. 3.11.1988, n. 498.

L’approvazione dell’art. 613 bis, con la L. 14.7.2017 n. 110, è stata preceduta da un lungo dibattito dottrinale e parlamentare in ordine all’opportunità, ma soprattutto alle modalità di introduzione di una specifica incriminazione dei fatti di tortura.

Il nuovo delitto dispone: “Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.

Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.

Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.

Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.

La condotta tipica è, dunque, costituita alternativamente dall’usare violenzeminacce gravi ovvero dall’agire con crudeltà.

L’evento del reato è costituito dalle acute sofferenze fisiche o da un verificabile trauma psichico.

Il “trauma psichico verificabile” non deve necessariamente tradursi in una sindrome duratura da “trauma psichico strutturato” (PTSD), ma può consistere anche in una condizione critica temporanea.

Le “acute sofferenze fisiche” non presuppongono necessariamente che la vittima abbia subito lesioni.

Quanto al soggetto passivo del reato, si richiede che il fatto sia commesso in danno di persona privata della libertà personale o che sia stata affidata alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza del soggetto agente ovvero, ancora, che si trovi in situazione di minorata difesa.

Per la verifica della situazione di minorata difesa, occorre valutare le condizioni personali e ambientali che facilitino l’azione criminale e che rendano effettiva la signoria o il controllo dell’agente sulla vittima, agevolando il depotenziamento se non l’annullamento delle capacità di reazione di quest’ultima.

La norma è posta a tutela dell’integrità fisica e psichica della persona offesa, nonché della sua libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione. Si tratta alternativamente di reato abituale, in quanto è richiesta la reiterazione di più condotte, oppure di reato di evento, qualora l’unica condotta comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

In relazione al primo elemento costitutivo del reato, la violenza, essa può essere propria ed impropria.

Quest’ultima va intesa quando si utilizza un qualsiasi mezzo idoneo, esclusa la minaccia, a coartare la volontà del soggetto passivo, sì facendo annullandone la capacità di azione o di determinazione. Per violenza propria, si intende invece l’impiego di energia fisica sulle persone o sulle cose, esercitata direttamente o per mezzo di uno strumento. Per minaccia va invece intesa la prospettazione di un male ingiusto e notevole, eventualmente proveniente dal soggetto minacciante.

La nozione di crudeltà può invece essere definita come quella condotta che si traduca in comportamenti degradanti, posti in essere col fine precipuo di assoggettare la vittima alla propria volontà, senza alcuno scopo ulteriore.

Entrambe le norme in esame, in perfetta linea con l’art. 32 Cost. che garantisce al singolo il pieno diritto alla salute e alla integrità psicofisica, sono poste a tutela di quella medesima integrità fisica e psichica (dalla tutela di rango costituzionale) della persona offesa; dunque una normativa posta a tutela libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione degli individui.

La normativa sulle certificazioni verdi covid, attuata mediante il susseguirsi dei decreti legge menzionati, e culminata nel D.L. 127/21 che ha nei fatti previsto, per chi non intende vaccinarsi, l’impossibilità di accedere al luogo di lavoro per esercitare la propria attività lavorativa, se non sottoponendosi al tampone diagnostico per la covid19, integra gli estremi della tortura di stato.

Non  possono sottacersi in questa sede  le dichiarazioni del ministro Renato Brunetta, tra i firmatari del D.L. 127/21, rilasciate ad una conferenza a Venezia il 12 settembre 2021,  che testualmente  ha affermato che “qual è il gioco da fare? bisogna aumentare agli opportunisti il costo della non vaccinazione”. Il ministro ha parlato di una misura «geniale».  “Ti vaccini? no….. e allora ti fai il tampone” “I tamponi sono un costo psichico –fatteli infilare dentro al naso, fino al cervello, i cotton-fiok lunghi –  e monetario -50,60 euro più il costo organizzativo- tu gli aumenti il costo, aumentandogli  il costo tu lo spingi a ridurre  lo zoccolo”  “Il green pass ha questo obiettivo di schiacciare gli opportunisti ai minimi livelli di non influenza sulla velocità di circolazione del virus”.

Non vi è chi non veda come dalle dichiarazioni del ministro Brunetta emerga la consapevolezza del fatto che l’effettuazione di un tampone ogni 48 ore per lavorare sia uno strumento di tortura per spingere alla vaccinazione i renitenti; uno strumento che ha un costo insostenibile, sia dal punto di vista psicofisico, trattandosi di pratica medica invasiva insopportabile da praticare così frequentemente, e sia da punto di vista economico rappresentando un costo importante, anche dal punto di vista organizzativo; strumento sicuramente idoneo, così come congegnato nel D.L. 127/2021, a provocare quelle sofferenze fisiche o quel trauma psichico che rappresenta l’evento del reato di tortura.

La condotta tipica, di minaccia, è la medesima individuata per il reato di stalking: il male ingiusto è rappresentato dal non poter esercitare la propria attività lavorativa in mancanza di certificazione verde covid; anche la crudeltà può essere individuata nella condotta governativa: la sottoposizione al tampone attraverso la tecnica dello sfinimento viene dichiaratamente utilizzata per costringere alla vaccinazione, e dunque per assoggettare la persona offesa al volere degli organi di governo.

La minorata difesa, necessaria condizione per la sussistenza del delitto in esame nelle ipotesi diverse dalla privazione della libertà personale o di custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza della persona offesa,  si configura allorquando il reo ha commesso il reato approfittando di una situazione di debolezza della persona offesa, debolezza connessa al tempo, al luogo o alla condizione della vittima stessa, che erano tali da ostacolare la difesa pubblica o privata e dei quali il colpevole ha approfittato; si tratta di una condizione non necessariamente fisica, ma che può essere anche psicologica, e che comporta che il soggetto passivo del reato sia messo in uno stato di minorità che gli impedisce di avere una reazione adeguata.

La giurisprudenza ha individuato la minorata difesa tutte quelle situazioni di maggiore vulnerabilità della vittima (ad esempio nella truffa online).

Non vi è dubbio, allora, che anche chi si veda minacciato di perdere il lavoro e la retribuzione sia messo in una condizione di maggiore vulnerabilità, che lo porta ad una minore capacità di reazione, e dunque, di difesa; le persone offese, in questo caso, non hanno alternative, non sono in grado di opporre una adeguata resistenza e sono costretti a sottoporsi al tampone ogni 48 ore per potere esercitare un diritto basilare, quello alla sopravvivenza.

Le dichiarazioni del ministro Brunetta sono, del resto confermate anche dalle dichiarazioni degli altri componenti del governo e del Presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro della Salute Roberto Speranza, che mai hanno nascosto le loro intenzioni, ossia quelle di utilizzare il greenpass non quale strumento effettivamente efficace nel contrasto della diffusione della covid19, ma come strumento di “persuasione” alla vaccinazione, ergo di tortura per esasperare e costringere i non vaccinati a cedere, ritenendo insostenibile il costo, in generale, del tampone ogni 48 ore.

Per i fatti di cui sopra, io sottoscritto ______________, come sopra meglio individuato, presento formale

denuncia – querela

e chiedo che si proceda nei confronti il Governo della Repubblica italiana, del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica Mario Draghi, nonché del Ministro della Salute Roberto Speranza e di tutti i ministri firmatari dei decreti legge sulle certificazioni verdi covid19, per i reati di cui agli art. 612 bis e 613 bis del codice penale, e, avvalendosi della inevitabile forza derivante dal far parte di un organo dello Stato e del potere di emanare atti normativi d’urgenza, posto in essere condotte persecutorie nei confronti dei soggetti non vaccinati, al fine di costringerli alla vaccinazione, e per tutte le eventuali altre fattispecie di reato ravvisabili nei fatti rappresentati.

Chiedo altresì ai sensi dell’art. 408, co. II, c.p.p., di essere informato circa l’eventuale archiviazione del procedimento, alla quale sin da ora ci si oppone, nonché, ai sensi dell’art. 406, co. III, c.p.p., di essere informato circa l’eventuale richiesta di proroga dei termini per le indagini preliminari.

Con riserva di costituirmi parte civile onde ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi in conseguenza delle predette condotte.

Con riserva, altresì, di indicare ulteriori documenti e mezzi istruttori che si rendessero necessari ai fini dell’accertamento dei fatti denunciati.

Luogo e data

Firma

[1] Cass. pen. n. 10111/2018

[2] C., Sez. V, 17.11.2020-14.1.2021, n. 1541.

[3] C., Sez. V, 8.7-20.11.2019, n. 47079

[4] C., Sez. V, 11.10-11.12.2019, n. 50208.

 

 

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