Per quanto è noto, per la prima volta in Italia, lo scorso 6 luglio il Tribunale di Firenze – chiamato a decidere sulla domanda cautelare di sospensione del provvedimento assunto dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, con il quale una psicologa era stata sospesa dall’esercizio della professione per mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale – ha ritenuto opportuno provvedere in favore della ricorrente inaudita altera parte e quindi senza l’istaurazione del contradditorio con la controparte, per scongiurare un ritardo idoneo a generare un danno irreparabile ai diritti della ricorrente, quali il diritto al proprio sostentamento e il diritto al lavoro inteso come espressione della libertà della persona e della sua dignità, che lo stesso Giudice ha definito beni primari dell’individuo.
Le parole utilizzate dal Giudice, dott.ssa Zanda, minime, nude, essenziali, a tratti audaci, assumano sul bianco della pagina un valore assoluto e universale, che è parte dell’impegno di tutti noi e nostra responsabilità, sia come singoli individui che come parte dell’insieme sociale, proteggere nonostante i tempi che cambiano, nonostante il continuo attentare alla libertà, alla vita, allo sviluppo del cammino umano.
Ripercorriamo alcune delle argomentazioni più significative del decreto in commento, con la quale il Tribunale di Firenze ha compiuto, ad avviso di chi scrive, una precisa e deliberata scelta di campo: riconoscere più ampia protezione possibile ai diritti primari dell’individuo e al contempo richiamare il legislatore e gli altri poteri dello Stato (inclusa la Magistratura stessa) al rispetto – nel corretto esercizio delle loro funzioni – della Tavola di valori espressi dalle norme costituzionali e dalle varie convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia.
Primo fra tutti, viene riconosciuto come diritto acquisito per nascita in base all’art. 4 Cost. il diritto al lavoro, che, in quanto diritto naturale e irrinunciabile dell’essere umano, è inammissibile sia “concesso” all’individuo previa sottoposizione ad un trattamento sanitario, il cui scopo di prevenzione della malattia e di sicurezza in ambito sanitario, come ha osservato il Tribunale di Firenze, è peraltro risultato irraggiungibile alla luce delle evidenze scientifiche riportate negli stessi report di AIFA e degli altri istituti di vigilanza europei.
In altri e più compiuti termini, il diritto al lavoro rientra tra quei diritti connaturati alla persona umana in quanto suo attributo naturale e, come tale, deve considerarsi inviolabile, insopprimibile e incompressibile giacché preesiste alla Repubblica che non lo concede, ma si limita a riconoscerne l’esistenza, l’essenzialità e la preminenza sugli altri diritti.
Ne consegue che il suo esercizio non può essere limitato dai pubblici poteri, se non eccezionalmente e temporaneamente e comunque con il rispetto di precise garanzie previste dalla Costituzione, che impongo un bilanciamento ed una compressione proporzionata dei diversi diritti costituzionalmente garantiti e potenzialmente confliggenti tra loro, fermo restando la tutela, in ogni caso, del cd. “nocciolo duro” del diritto sacrificato.
Sacrificio del diritto al lavoro quello operato dal “legislatore dell’emergenza” che il Giudice fiorentino ha ritenuto comunque ingiustificato ed illegittimo, giacché l’obbligo vaccinale imposto per poter lavorare viola ictu oculi gli artt. 4, 32 e 36 della Costituzione, che, ponendo al centro la persona e difendendola prima di tutto dallo Stato, non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo vero o supposto né tantomeno consente di sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive della persona senza il consenso libero e informato dell’interessato, che certamente non è ipotizzabile allorquando i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento sono, come in questo caso, coperti non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto militare, come emerge dalla comunicazione con cui EMA (l’Ente europeo per la sicurezza dei farmaci) ha opposto in maniera laconica all’Associazione IDU il proprio diniego alla richiesta di accesso ai dati sulle sperimentazioni dei vaccini contro il Covid formalmente presentata dalla citata associazione.
Interpretazione quella del Tribunale di Firenze che fa leva sulla lettura più fedele che poteva essere fatta della Carta costituzionale, con la quale i Costituenti hanno voluto mettere al centro dell’ordinamento giuridico l’individuo, sia come singolo sia come membro delle formazioni sociali in cui si esplica la sua personalità, ripudiando la precedente forma di Stato autoritario che aveva cancellato ogni forma di libertà individuale, oltre che collettiva.
A conclusione e puntellamento del suo ragionamento, la Corte fiorentina precisa altresì come l’imposizione dell’obbligo vaccinale quale condizione per svolgere la professione sia del tutto discriminatorio e violi il Regolamento europeo n. 953/2021, che vieta appunto discriminazioni tra i cittadini europei fondate sullo stato vaccinale.
Pertanto, richiamandosi alla Risoluzione del Consiglio di Europa n. 2361/2021, nonché ai regolamenti CE n. 726/2004 (art. 14 bis) e n. 507/2006 e a numerose precedenti pronunce sia della Corte di Giustizia UE che della magistratura italiana, il Tribunale chiarisce come sia dovere di ogni Giudice nazionale chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione europea che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito.
Che dire se esiste un sistema gerarchicamente strutturato, le cui regole sovrintendono ai rapporti tra atti e fatti che producono diritto, di questo sistema è opportuno studiare la struttura e conoscerne la linfa vitale e questo decreto in siffatta ottica è una lezione di diritto senza precedenti per i molti, ancora troppi, giuristi assopiti.