Comunicazione/Invito/diffida al Presidente del Tribunale, al Procuratore della Repubblica, al COA, al CNF, all’unione delle Camere Civili e Penali per l’attentato alla funzione difensiva e di tutela dei diritti soggettivi

____, lì __ gennaio 2022

AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI ___

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AL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ___

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AL PRESIDENTE DELL’UNIONE DELLE CAMERE CIVILI

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AL PRESIDENTE DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI

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AL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ___

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AL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

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“Il dubbio è scomodo ma solo gli stolti non ne hanno” (Voltaire)

LETTERA APERTA – APPELLO

Alle Signorie Vostre Illustrissime, ciascuno per le proprie competenze, per un immediato ripristino della legalità, giuridica e giudiziaria, e per la salvaguardia delle funzioni difensive nei processi

AVVERSO

  • L’eversione dell’ordinamento costituzionale; delle fonti del diritto e della legalità sostanziale;
  • La violazione dei diritti fondamentali della persona umana;
  • La limitazione della funzione difensiva, della libertà e dell’autonomia della professione forense;

PREMESSO

il biennio trascorso in condizione di eccezione, di tolleranza e sopportazione, il decreto-legge n. 1 del 7 gennaio 2022 ha superato il limite del giuridicamente accettabile, introducendo una normativa che incide in maniera insostenibile sullo svolgimento pratico delle attività assistenziali e difensive prestate quotidianamente da ogni avvocato.

A prescindere dalle varie posizioni di carattere etico o ideologico, non può ignorarsi quale e quanta irragionevolezza pervada la disposizione di cui all’art. 9 sexies comma 4 DL 52/2021 come modificato dal DL 1/2022, laddove prevede che nei luoghi della giustizia possano accedere esclusivamente avvocati muniti di certificazione verde covid-19 (c.d. green pass), causando il rischio che una parte processuale venga deprivata del proprio difensore di fiducia mentre, invece, il comma 8 dell’art. 9 sexies cit., nel prevedere che parti e testimoni non siano soggetti a green pass o a screening, lascia impregiudicato il pericolo che possano contagiare gli altri presenti in aula, nei corridoi o nelle cancellerie.

Sul punto così si è appena (09/01/2021) espresso il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano Avv. Vinicio Nardo: «Comunque la si pensi su vaccini, contagi, varianti e tamponi, non si può sentire una legge che sostanzialmente dice “il legittimo impedimento non vale come legittimo impedimento”. E’ successo in passato con una poco gloriosa sentenza della cassazione, ma lì il tema era l’abuso del diritto. Qui invece parliamo di “esercizio” di un diritto. Ed il problema non è come sostituire il difensore senza pass. Il problema (ben più grave perché va alla radice dell’art. 24 della Costituzione) è privare il cittadino del diritto di scegliersi l’avvocato».

Allo stesso modo, avendo la norma affidato il fine di tutelare la “salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza” ad un certificato amministrativo rilasciato sulla base dell’esito negativo di un test di screening, il nuovo comma 4 dell’art. 9 sexies DL 52/21 pone una limitazione non solo irrazionale e discriminatoria, ma addirittura pericolosa per la salute altrui in ragione dell’ingresso nei tribunali consentito a soggetti (anche colleghi avvocati) contagiati e contagiosi muniti di un certificato verde a lunga scadenza – che quindi non effettuano alcuno screening – posto che è riconosciuto dalle autorità sanitarie che i sieri vaccinali non garantiscono né l’immunità né la sterilità.

Ciò ovviamente sarebbe di lampante evidenza per chiunque si ponga nella prospettiva della efficacia di una misura preventiva di natura sanitaria che tale non è, e questa nuova disciplina “emergenziale” lo dimostra.

Anche la gestazione del testo normativo è stato malcelato da bozze che annunciavano un giusto periodo di adeguamento (come peraltro fatto nei precedenti decreti legge), senza considerare le note difficoltà delle farmacie e dei centri vaccinali per la elevata domanda di tamponi – oggi pure riservata a categorie prioritarie indicate dal Ministero della Salute – il tutto ignorato dall’adozione nottetempo di una disciplina che nuovamente ha tradito la fiducia nel patto sociale con l’imposizione di un obbligo deciso il venerdì 7 gennaio per farlo entrare in vigore il lunedì 10 gennaio.

Ma l’aggressione che la disciplina fa ai principi fondanti l’esercizio della professione forense è data dal nuovo comma 8 bis dell’art. 9 sexies del DL 52/21 introdotto dall’art. 3 DL 1/22 laddove dispone che “l’assenza del difensore conseguente al mancato possesso o alla mancata esibizione della certificazione verde COVID-19 di cui al comma 1 non costituisce impossibilità di comparire per legittimo impedimento.”

In altri termini, non solo si priva il giudice dello ius dicere, della facoltà di stabilire la natura di un fatto concreto, giuridicamente rilevante e parte di un rapporto processuale, ma si limita gravemente l’avvocato nell’esercizio autonomo, libero e indipendente della propria funzione, che pertanto viene sottoposto ad un obbligo di trattamento tanto inutile (per come concepito) quanto gravoso (per l’attuale contesto sociale).

Impedire all’avvocato o al difensore di accedere agli uffici giudiziari comporta che la parte assistita in giudizio incorrerà in preclusioni processuali, delle quali risponderà, disciplinarmente e civilmente, lo stesso difensore, nonostante l’assenza sia riconducibile ad un fatto ad esso non imputabile.

L’avvocato, dunque, in virtù di questa normativa, se non esibirà il certificato verde perderà il cliente e sarà esposto a responsabilità professionale, oltre che ricevere un danno alla propria reputazione che è alla base della professione forense.

Tale normativa colloca l’avvocato senza certificazione verde in posizione diseguale e peggiorativa rispetto agli altri lavoratori assoggettati allo stesso controllo per lavorare, atteso che essi, per espressa previsione normativa, non sono soggetti a provvedimento disciplinare e non perdono il posto di lavoro: è evidente, infatti, l’illegittimità dell’art. 3, comma 1, lett. b), del Decreto Legge del 7 gennaio 2022, n. 1, che, oltre a comportare una violazione del diritto di difesa, arrecherà un pregiudizio irreparabile alla Avvocatura tutta.

La novella normativa, in questo modo, divide in due la categoria degli avvocati, assegnando solo a coloro in possesso di un certificato amministrativo la possibilità di poter accedere negli uffici giudiziari, di presenziare alle udienze e di esercitare doverosamente e liberamente la professione forense.

Solo l’idea dovrebbe far inorridire un giurista, figurarsi un avvocato del libero foro ed a fortiori l’ente rappresentativo della categoria forense, circondariale e nazionale, che non possono rimanere silenti innanzi all’asservimento della professione forense al possesso di una certificazione amministrativa posta quale condizione legittimante per l’accesso ai luoghi di giustizia ove si svolge il servizio costituzionale della tutela dei diritti dei cittadini.

Invero, la menzionata disposizione normativa si pone in netto contrasto con gli artt. 111, 24 e 3 della Costituzione, come pure con il diritto sovranazionale. Impedire l’accesso agli uffici giudiziari agli avvocati e agli altri difensori sprovvisti della certificazione verde COVID – 19 si risolve, di fatto, in una violazione del diritto di difesa, definito dall’art. 24 della Costituzione “inviolabile”, e quindi non sottoponibile a condizione, nonché del principio del giusto processo espresso dall’art. 111 della Costituzione. La difesa tecnica, che altro non è che estrinsecazione del diritto di difesa, non può essere in alcun modo impedita, proprio in virtù del principio di inviolabilità sancito dal citato art. 24 della Costituzione.

L’art. 3, comma 1, lett. b) del Decreto Legge del 7 gennaio 2022, n. 1, ha come inesorabile effetto quello di privare i cittadini assistiti da un difensore, che per disparate ragioni potrebbe non essere in possesso della certificazione verde COVID – 19, della difesa tecnica in giudizio. È inutile qui menzionare le gravissime ripercussioni che siffatta privazione avrà sul diritto di difesa, essendo notorio il pregiudizio che deriverebbe dall’assenza del difensore in giudizio (decadenza, inammissibilità, improcedibilità e altre preclusioni processuali relative alla difesa in giudizio).

CONSIDERATO CHE

Il D.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000 meglio noto come “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia di documentazione amministrativa” stabilisce che tutti i cittadini che entrano in contatto con le pubbliche amministrazioni possono sostituire o, meglio, costituire i tradizionali certificati amministrativi o, comunque, i documenti concernenti stati, qualità personali e fatti, con dichiarazioni sostitutive dei certificati o documenti medesimi, che hanno la stessa efficacia e validità temporale dell’atto che vanno a sostituire.

Con le modifiche apportate dall’art. 15 Legge 12.11.2011 n. 183 all’art .40 del D.P.R. 445/2000 si è stabilito che “Le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati”, tant’è che sui certificati amministrativi è prevista, a pena di nullità dell’atto, l’apposizione della seguente formula “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai gestori di pubblici servizi” e che nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e con i gestori di pubblici servizi, invece, “i certificati amministrativi e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47”,

L’art. 47 del D.P.R. 445/2000, al terzo comma, stabilisce che “fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà“.

L’art. 74 DPR 445/2000 qualifica il rifiuto del pubblico funzionario di ricevere l’autocertificazione come una violazione dei doveri d’ufficio.

La c.d. autocertificazione, infine, è stata già ampiamente richiesta ed utilizzata nel contesto e dalla normativa emergenziale per l’attestazione di stati e condizioni personali – anche di natura sanitaria – e che la nuova disciplina introdotta con il DL 1/22 non pone alcun limite espresso o esclusione o abrogazione del T.U. 445/2000

Per premesso e considerato, il/i sottoscritto/i

COMUNICANO

Alle SS.LL. che dall’entrata in vigore dell’obbligo di possesso del c.d. green pass per l’accesso ai luoghi della giustizia, il possesso e l’esibizione del detto certificato sarà sostituito da un’autocertificazione di cui all’art. 47 D.P.R. 445/2000 con cui, previa auto-somministrazione di un test antigenico rapido, si attesterà, sotto la propria responsabilità penale, la condizione e lo stato di salute dell’avvocato (positività o negatività all’infezione da sars-cov-2).

Si chiede pertanto ai capi degli uffici giudiziari in intestazione di informare adeguatamente il personale deputato al controllo all’ingresso dell’obbligo giuridico di accettare l’autocertificazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 e 74 DPR 445/2000, e che il rifiuto consuma un illecito disciplinare, peraltro aggravato da ulteriore violazione se al rifiuto si aggiunga la pretesa dell’esibizione del certificato amministrativo sostituito.

CHIEDONO

se, come previsto dalla RU 953, chi sarà addetto ai controlli della certificazione verde e/o dell’autocertificazione sopra menzionata, abbia la qualifica di funzionario USMEF prevista da circolari del Ministero della Salute e facciano parte del NAS o siano in altro modo autorizzati dal Ministero.

se, relativamente a tali incombenze, i soggetti delegati al controllo abbiano svolto i previsti corsi di aggiornamento del Ministero della Salute per le letture dei Q-code, per l’acquisizione ed il trattamento dei dati personali sensibilissimi presenti nel green pass o nell’autocertificazione, nonchè sulla base di quale documento di delega siano incaricati del presente servizio.

AVVISANO

le pubbliche amministrazioni in indirizzo che verrà richiesto dall’avvocato, al momento dell’ingresso nei luoghi della giustizia, l’esibizione da parte del soggetto controllore della documentazione anzidetta e che, in caso di rifiuto, verrà proposto il relativo esposto/denuncia.

Le pubbliche amministrazioni interessate che, sin da subito, eventuali ritardi o inadempimenti alle prestazioni professionali per cui gli avvocati sono tenuti ad accedere agli Uffici giudiziari, saranno posti a carico civilmente e penalmente di coloro che, eventualmente senza titolo, porranno in essere i comportamenti di ostacolo alla prestazione professionale forense.

DIFFIDANO

Le pubbliche amministrazioni in indirizzo a garantire la sicurezza sul lavoro a tutti gli operatori della giustizia, compresi gli avvocati, e compresi quelli non vaccinati per l’esposizione dei rischi da contagio con soggetti che, pur se vaccinati, siano portatori del virus senza che ciò venga rilevato all’ingresso con gli appositi test di screening obbligatorio solo per coloro che non si sono vaccinati, attuando in maniera efficiente e prudente ogni misura idonea a salvaguardare le finalità di cui al D.Lvo 81/08.

In caso che a causa della acritica – irragionevole e pericolosa – applicazione della normativa introdotta aumenti il rischio e conduca al contagio l’avvocato non vaccinato per fatto od in occasione della sua vicinanza nelle aule di giustizia con soggetto infetto e contagioso ma non monitorato, si chiederanno i danni economici e materiali all’Autorità tenuta al controllo.

INVITANO

il Consiglio Dell’Ordine degli Avvocati di Roma ed il Consiglio Nazionale Forense a promuovere nei confronti dell’Autorità Giudiziaria e delle Pubbliche Amministrazioni il rispetto della legalità, della giustizia e dei principi fondanti l’attività forense, garantendo ad ogni avvocato la possibilità di esercitare liberamente – senza discriminazioni di sorta – la professione in conformità alla costituzione, alla legge in vigore, al codice deontologico forense, alla proporzionalità ed adeguatezza delle misure emergenziali e, al contempo, l’equo bilanciamento della tutela della salute collettiva, di quella individuale e delle prerogative difensive, con l’avvertenza che, nell’eventualità che si persista nell’esigere una prestazione impossibile o eccessivamente onerosa, si adirà qualsiasi autorità giudiziaria nazionale o sovranazionale, civile e penale, cui denunciare i responsabili della violenza privata, dell’abuso d’ufficio e dell’interruzione di pubblico servizio che si verrà a consumare impedendo ad un avvocato l’accesso in Tribunale in condizioni personali di buona salute e di sicurezza sanitaria.

Con riserva di maggiore approfondimento della legittimità della normativa in questione.

firmatari:

 

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